Associazione Culturale
Enrico De Stefani

Dal cielo, un giorno tra il 20 gennaio 2006 e oggi.

Buongiorno ! Questo è il luogo della comunicazione, vero ? Allora eccomi:

il mio nome è Enrico; ho giocato 19 anni con la vita, le ho dedicato poesie, attenzioni, incontri costruttivi, ma poi lei non è più stata generosa con me: in uno dei giochi, quello che conta di più, ha mostrato che barava, e che in poche mosse avrebbe potuto calare il suo sipario; ma io ero esperto, a teatro avevo conosciuto Beckett, il suo "Finale di partita", ed avevo scritto già da prima il mio consapevole presagio: "se analizzo il gruppo costituito da me e i miei amici come i personaggi di un romanzo, sono io quello che muore, quello brillante che va incontro ad una morte prematura…"; e poi ancora: " mi pare d'esser, da un bel po' di tempo / come quello bloccato in mezzo al mare / senza chinino, né soffio di vento, / e allora non mi resta che aspettare .. " ; ma senza soffrire, perché… eccolo, il soffio di vento : mamma, papà, Paolo, gli amici, le persone care, tutte, e il gatto, che avevo umanizzato e rinominato Guelfi. Infine, a quel gennaio che di lì a poco sarebbe arrivato, avevo già dedicato una breve poesia: "Inverno : / ma guardami / un attimo / e sarà primavera". Così è stato per me !

Avevo la mente aperta alla fantasia, alle parole, ai sogni: Mamma mi insegnava l'amore quando portava in casa un cane ferito, o un gattino malconcio, ed io, con mio fratello Paolo, pronto ad accoglierli, nutrirli e voler loro un bene definitivo; Papà mi seguiva nella costruzione del mio personaggio, come quando seppe che avevo un appassionato interesse per i rinoceronti e mi portò allo zoo a fare amicizia con Rosa, rinoceronte femmina, che veniva a prendere il biscotto dalla mia mano tra le sbarre, sfidando le ire dei guardiani; e poi quando andavamo alla grande fontana di villa Borghese con due cucchiaini a salvare gli insetti con le ali, caduti sopra l'acqua e tenuti al sole finché, asciutti, riprendevano felici i loro viaggi.
In questa serenità, sentivo l'esigenza di dovermi esprimere; ma c'era dell'altro: la vaga percezione del grigio, un grigio caldo, accattivante, che si fa avanti "come un'ombra che s'addensa ", vedevo le sottili sfumature tra il giorno e la notte, il chiaro e lo scuro, e soprattutto tra il noto e l'ignoto, i due opposti, e la loro somma. Scrivevo che in quello spazio "le idee fuggono e si sciolgono, ma nell'immagine impressa ..", e poi che " la poesia si nutre di immagini...". Avevo letto ed amato i poeti -il liceo mi formò molto-, prediligevo Gozzano; dicevo che "ho provato a scrivere del vuoto, del buio, del tempo, ma ora ho capito che la MIA poesia corre sul filo della malinconia, degli orizzonti e dei sogni. E ora che questi son tornati, il tempo mi scivola via come acqua tra le mani…". Ecco che la determinazione di affidare alla Poesia il mio itinerario terreno trovava svolgimento: "a 18 anni devo decidere se evolvermi o morire / poesia forte, potente, poesia solida / che vuol dir tutto, ma forse non vuol dire / niente di più di quel che dice..." . Credo ancora che quando un sogno utopico non si compie, sia come lasciare una poesia in bilico tra il giorno e la notte, uniti da ciò che li separa...

Per il futuro, ipotizzato tale, avevo maturato un progetto: il MARE ! Corto Maltese, ma di più Conrad, Alvaro Mutis e altri scrittori e poeti, mi avevano portato a scrivere "...i mari per navigare, per vivere ..", e poi in una delle mie malinconie "vivo sotto il mare, e mi piace giocare, la sera, con le ancore e i paguri -oh se almeno potessi annegare! Cominciano a crescere coralli su di me, calcare mi ricopre e anemoni intorpidiscono il sonno. Quando le ombre verranno a cercarmi o reti a salvarmi, lascerò questi fondali, cercherò altrove il mio oro, e in altri mari mi profonderò di nuovo."
Il mare era in me, il vento di scirocco mi portava il suo sapore in casa, e una nuova storia stava cominciando bene come un sole sfolgorante all'orizzonte: avevo superato gli esami di concorso e preparavo l'ultima formalità per entrare in Accademia Navale a Livorno; vedevo un futuro, sarei stato un bel Guardiamarina in carriera, con qualcosa in più: il dovere, la disciplina, ma anche nuovi soffi di vento marino che avrebbero spinto la mia mente verso le realtà sognate! Però quel sole del mattino poi calò in uno spessore grigio, quel grigio caldo, accattivante, che aveva avviato e alimentato la mia poesia, e nel quale ho soggiornato, fino...alla notte…

Che strano, essere senza il mio corpo, senza la mia ombra ; ero come voi, e adesso sono solo me stesso : un silenzio, la presenza di una poesia :


"Memento: / ricordarsi di sorridere / prima di morire, /
il paradiso è un posto dove si può / peccare a piacimento."